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La danzatrice di Izu (0)

Yasunari Kawabata

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Narrativa classica: generale e letteraria

Editore: Adelphi

Anno: 2017

Lingua: Italiano

Rilegatura: Brossura

Pagine: 156 Pagine

Isbn 10: 8845931730

Isbn 13: 9788845931734

Scritto nel 1926 e divenuto a partire dal dopoguerra immensamente popolare – tanto da subire, nella mente dei lettori, quel processo di metamorfosi che un critico giapponese ha definito «creazione di un racconto nazionale» –, La danzatrice di Izu è la storia dell'iniziazione di uno studente che, per scacciare i suoi «tormenti di ventenne», si mette in viaggio verso la penisola di Izu. Un viaggio – nei colori autunnali di boschi incontaminati, catene montuose e scoscese vallate – che lo segnerà per sempre, giacché, grazie all'incontro con una giovane artista girovaga, scoprirà la pura bellezza. Kaoru ha lunghe gambe che rendono il suo corpo simile a un giovane albero di paulonia, occhi magnifici, e quando ride pare che sbocci: ma soprattutto colpisce in lei la semplicità piena di stupore, il candore infantile nel mettere a nudo i sentimenti. Effimera, evanescente, ineffabile nella sua assoluta naturalezza, la bellezza è dunque – come ci rivelano due magnifiche conferenze del 1969 che costituiscono il secondo pannello di questo libro – ichigo ichie, cioè incontro unico e irripetibile, miracolosa combinazione di elementi insostituibili: come il prezioso tè che viene raccolto nella prefettura di Shizuoka la ottantottesima notte dopo l'inizio della primavera, capace di regalare eterna giovinezza, lunga vita e salute. Scoprire e registrare fugaci momenti di bellezza nell'arte, nella natura, nella vita di ogni giorno, e insieme la gioia e il dolore che suscita la sua impermanenza è precisamente, per Kawabata, la funzione della letteratura giapponese.

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Recensioni

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Valeria

" [...] per me la bellezza di una sola stella vista per la prima volta è insuperabile. Penso che lo stesso discorso valga per la letteratura e per la vita." Non so se il libro mi sia piaciuto di più per il racconto o per il saggio di Kawabata. Quando lo vidi in libreria, così piccolo, nascosto dietro un altissimo porta CD, ho deciso che avrei dovuto leggerlo. Una storiella breve, così breve da lasciarti riflettere su quale sia il suo significato e quali siano le ragioni del suo successo. La tematica del viaggio, inteso come mezzo di formazione del protagonista, non è poi particolarmente originale. Eppure c'è qualcosa di estremamente attraente in questo racconto. Forse è proprio il fascino della danzatrice, descritta quasi come un angelo che scende dal cielo. La continua attesa che accada effettivamente qualcosa tortura il lettore durante l'intera lettura, alla fine Kawabata ci lascia con un pugno pieno di sassi, senza che la danzatrice e il viaggiatore abbiano avuto la possibilità di conoscersi, con un abbandono che risulta essere comunque estremamente doloroso. Un ragazzo che scopre, durante questo viaggio fra un Giappone ancora non dilaniato dalla guerra, la bellezza - la luce del sole delle Hawaii nei bicchieri di vetro - senza che esso possa raggiungerla e riunirsi con essa. Una bellezza rappresentata dalla purezza e dalla timidezza della fanciulla, che, in mezzo ad altre ragazze (o ad altre stelle, dovremmo dire?), risulta essere quell'unica che stella che, osservata per la prima volta, è insuperabile. Il saggio di Kawabata, che si trova appunto alla fine del libro, è un'ottima immersione nella letteratura giapponese, di cui cita romanzi, haiku, scrittori e monogatari. La lettura di un autore dell'Estremo Oriente si rivela, ancora una volta, una esperienza mistica, esattamente come era stato per Un pallido orizzonte di colline.

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